“Vittoria ed insuccesso: come educare allenatori, ragazzi e genitori”

[dropcap]C[/dropcap]onfronto formativo per i mister del settore giovanile della Polisportiva Junior Coriano, che lunedì sera hanno incontrato la psicologa nonché collaboratrice Figc Federica Mazza per discutere sul tema “Vittoria ed insuccesso, come educare allenatori, ragazzi e genitori”.

Numerosi gli spunti di riflessione e interessante il dibattito tra la dottoressa e i presenti, che hanno preso spunto per apprendere nuove tecniche per la crescita sana dei propri ragazzi, uno dei punti essenziali per la Polisportiva Junior Coriano. Dall’incontro è emerso quanto lo sport sia affiancato da sempre all’educazione e debba essere visto come una palestra di vita.

In particolare, accompagna i bambini nell’età evolutiva (che dura fino ai 25 anni), quando si sviluppano l’area cognitiva, emotiva, sociale e corporea. L’allenatore deve essere visto metaforicamente come il carro per lo sviluppo di queste quattro aree. La psicologa Mazza ha proseguito dimostrando che l’atteggiamento rigido non aiuta a esprimere le potenzialità del ragazzo.

C’è inoltre una stretta relazione tra autostima, fiducia in sè stessi e prestazioni. E’ importante non sottolineare la negazione, ovvero il “non” come divieto. Questa formula il cervello la elimina e alimenta le paure. Sono importanti al contrario messaggi positivi perché l’atleta vincente lo si aiuta in questa maniera, orientando quindi la mentalità a cosa si dovrebbe fare di giusto. Proseguendo nell’incontro, la psicologa Mazza ha asserito che la competizione nasce a partire dagli 11 anni, prima lo sport andrebbe solamente affrontato nella sua valenza ludica.

Dunque, qual è il ruolo dell’allenatore? Educatore, tecnico, organizzatore, osservatore, leader e psicologo. Nella Carta dei diritti del ragazzo allo sport dell’Onu è stato confermato che praticare attività sportiva è una necessità biologica e permette di misurarsi con altri giovani. L’obiettivo non è solamente vincere, ma divertirsi, crescere, esplorare l’ambiente, socializzare, imparare regole, esprimere agonismo e competitività.

L’avversario tuttavia non deve essere visto come nemico, bisogna invece pensare al confronto, non allo scontro, uno stimolo per dare il meglio di sé. Senza dimenticare, che prima di formare calciatori, è necessario formare uomini. Vittoria non corrisponde al successo. Inoltre, ha proseguito la dottoressa, l’allenatore deve adottare una pedagogia attiva e diventare un istruttore che pone domande, abituando gli atleti a riflettere per poter scegliere come comportarsi a seconda delle difficoltà.

Il mister deve stabilire buone relazioni, alternare elogi e rimproveri, far rispettare regole senza perdere l’autorità e gratificare quando è il momento, guadagnandosi la fiducia dei giocatori, evitando gelosie, egocentrismo ed egoismo. Non sempre facile però è il rapporto con i genitori a bordo campo, spesso tifosi fin troppo agitati.

Essi dunque dovrebbero vincere le proprio ansie, limiti, paure, pregiudizi e ambizioni verso i propri figli; saper perdere: elaborare il lutto del distacco, emancipazione e perdita figlio; saper lottare: imparare a non arrendersi, migliorare il proprio “agonismo educativo”; saper controllare: intervenire senza essere scorretti, provocatori e “fallosi”; saper aspettare: tirare le somme alla fine, non confondere tattica e strategia.

Luca Filippi
Addetto alla comunicazione Polisportiva Junior Coriano.


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